:: La basilica di San Babila, edificio per l’assemblea che prega e celebra


La facciata oggi



G. Bertini, la pala d'altare raffigurante San Francesco in estasi

G. Menessi, tre dei sei dipinti di santi che affiancano sui due lati l'altare della cappella di San Francesco

L'abside destra

La lunetta del lato destro sotto il tiburio. Vi è rappresentata la Madonna tra quattro sante

L'abside di sinistra

Il battistero con il fonte battesimale

La cappella di San Giuseppe con la pala
di L. Pogliaghi

Guida alla visita

La chiesa romanica di San Babila, la cui origine risale all’XI sec., subì almeno due interventi radicali: quello barocco e quello di ripristino ottocentesco.
L’attuale configurazione della basilica è in stile “purista”, ed è frutto del restauro ottocentesco (1880-1905) che interessò la struttura architettonica e le decorazioni pittoriche e scultoree.

FACCIATA
Nel corso del restauro ottocentesco, fu demolita la facciata secentesca di Aurelio Trezzi, costruita in seguito all’ampliamento della basilica. Fu infatti aggiunta una quarta campata rispetto alle tre originarie.
L’attuale facciata, in stile neo-romanico, fu progettata dall’ architetto Cesa Bianchi che diresse i lavori di restauro in San Babila. Fu poi realizzata e conclusa dall’architetto Cesare Nava nel 1905.

NAVATA DESTRA

PRIMA CAMPATA:

Nella parete perimetrale sono murate otto lapidi, forse provenienti dal cimitero che anticamente era situato davanti alla basilica.

SECONDA CAMPATA:
S. Maria delle Grazie
Nella parete perimetrale, a fianco dei quadri raffiguranti il Sacro Cuore e san Giovanni Bosco, è incassato il dipinto dedicato a santa Maria delle Grazie. Si tratta di una tempera ottocentesca di autore ignoto che ricopre un affresco di medesimo soggetto. L’ affresco sottostante, piuttosto abraso, fu eseguito nel 1500 per volere della confraternita di Santa Maria delle Grazie.

TERZA CAMPATA:
Cappella dedicata a san Francesco
A
rchitettura: la cappella venne costruita nei primi decenni del Cinquecento. Benché non vi sia una chiara attribuzione, l’architettura reca i caratteri del Bramantino o di Cristoforo Solari. La parte centrale, sopraelevata in un tiburio quadrato coperto con una volta a spicchi, si allarga in due brevi braccia terminanti con due absidi schiacciate. Realizzata in marmorino policromo, è rivolta alla chiesa nella sua estensione. Si apre verso la navata con un arco poggiante su due colonne fra due tratti architravati.
Pittura: la decorazione pittorica della cappella, in stile purista, si richiama a dei modelli compositivi neoquattrocenteschi.
La pala d’altare, raffigurante san Francesco in estasi, è dipinta ad olio su tavola da Giuseppe Bertini alla fine del secolo scorso. Al Santo appare Cristo crocefisso che gli conferisce le stimmate.
Bertini, direttore e rappresentante della scuola purista all’Accademia di Brera, divenne ispiratore di tutta la decorazione pittorica di San Babila dove lavorò con i propri allievi.
Nelle absidi della cappella vi sono sei dipinti disposti a gruppi di tre, rispettivamente alla destra e alla sinistra della pala d’altare. L’autore è il ferrarese Giuseppe Mentessi, anch’egli insegnante all’Accademia di Brera e seguace della stessa scuola. Coevi alla pala bertiniana, sono realizzati ad olio su tela ed incassati nella parete.
Alla destra di san Francesco e in ordine di prossimità, sono raffigurati i santi Antonio, Chiara e Bonaventura. Alla sinistra, i santi Carlo, Elisabetta e Ludovico.

ABSIDI
Nel secolo scorso, furono abbattute le absidi secentesche e furono ricostruite secondo le fondamenta romaniche.
La decorazione fu affidata a Luigi Cavenaghi, allievo di Bertini. Cavenaghi era un noto restauratore (suo il restauro dell’ Ultima cena di Leonardo) e pittore dalla produzione limitata; i suoi dipinti in San Babila sono infatti una testimonianza piuttosto rara. Realizzati a tempera su intonaco, si stagliano su di un finto mosaico in “similoro”. I personaggi, dai quali traspare una profonda gravità religiosa, sono dipinti con ii costume teatrale del tempo, a mezzo tra lo storico e il fantastico.
Abside della navata destra: sono raffigurati i santi Pancrazio, Agnese e Luigi, che è inquadrato dalla ghirlanda.
Abside della navata sinistra: sono dipinti san Giovanni Battista e sant’Antonio Abate. Abside centrale:di mano dell’artista si possono osservare solo le decorazioni geometrico floreali che circondano il mosaico e le finestre. Cavenaghi, nel 1890, dipinse il catino absidale, che successivamente, nel 1928, venne ricoperto dall’attuale mosaico. Di medesimo soggetto, sia il dipinto sottostante, sia il mosaico che lo ricopre, esso rappresenta san Babila con i discepoli Prilidiano, Urbano e Epolomo. A destra, alla base del mosaico, vi è la scritta:
“Aloysius Cavenaghi pinxit A.D. MDCCCXC”. Alla sinistra: “Societas Venezia Murano in opus musivum traduxit Henrici Torrani aere A.D. MCMXXVIII”.


NAVATA CENTRALE

Lunette sotto la cupola: anch’esse dipinte da Cavenaghi, furono successivamente ricoperte dagli attuali mosaici dalla società Venezia-Murano. Sono raffigurate le immagini del Cristo e della Vergine in trono fra i santi. Nella lunetta sinistra vi è il Redentore tra i santi Ambrogio, Barnaba, Giulio e Lorenzo.
Nella destra, presso la Vergine, sono le sante Maria Egiziaca, Marcellina, Monica e Tecla.


PITTURE MURALI NELLE PARETI PERIMETRALI

I motivi geometrico-floreali, che ornano alcune pareti perimetrali delle navate destra e sinistra, sono attribuibili a Cavenaghi

ALTARE MAGGIORE
Fu realizzato nel corso dei restauri ottocenteschi secondo il progetto dell’architetto Gaetano
Moretti. Allievo di C. Boito, fu tra i più colti rappresentanti dell’eclettismo italiano.
L’altare di San Babila è una sua opera giovanile, dove l’eclettismo, particolarmente leggibile nel ciborio, è congiunto ad un’organica semplicità nella disposizione delle parti. La policromia dei marmi, percorsi da un lieve ornato, ne alleggerisce la gravità.
Le transenne che circondano il presbiterio, a trafori echeggianti motivi bizantini, sono nel medesimo stile dell’altare. Furono progettate da Crippa e realizzate successivamente ad esso.

NAVATA SINISTRA

PRIMA CAMPATA: Battistero
Architettura: venne costruito nel 1937 dall’architetto Alfonso Orombelli. La volta è impostata su quattro colonne angolari che richiamano lo stile paleocristiano. È interessante l’abbinamento di materiali semplici, i mattoni a vista degli archi e delle pareti, il granito grezzo delle colonne, con la preziosità della volta a mosaico d’oro e le incorniciature angolari di marmo nero nuvolato.
Scultura: la pala bronzea e il fonte battesimale sono la prima opera d’arte sacra di Fausto Melotti. La pala è composta di due scene sovrapposte: al di sotto, la predicazione del Battista tra i discepoli e i farisei; al di sopra, il battesimo di Cristo. Ai lati della pala vi sono due candelieri su di un alto piedistallo, nel quale sono rappresentati a due a due i simboli degli evangelisti.
Il fonte battesimale è costituito da un pilastro quadrato di marmo, vuoto all’interno, rivestito di porfido egiziano. Su tre lati del pilastro, in apposite nicchie, vi sono le sculture bronzee raffiguranti la Fede, la Speranza e la Carità.
Sul coperchio scorrevole, per il quale l’architetto Orombelli ideò il blocco di quarzo, sta il gruppo bronzeo degli angeli. Questi reggono la veste battesimale in argento, che poggia sul quarzo luminoso.
Le quattro virtù cardinali sono richiamate da simboli in rilievo sugli sportelli di rame e bronzo degli armadi a muro; il serpe per la prudenza, la bilancia per la giustizia, il leone per la fortezza, il morso per la temperanza.

SECONDA CAMPATA: cappella dell’Addolorata.
Architettura: i bombardamenti dell’ultima guerra distrussero in gran parte la cappella barocca dedicata all’Addolorata. L’attuale è realizzata secondo il progetto di Ambrogio Annoni. Seguace della scuola di C. Boito, era assertore della possibilità d’inserire architetture moderne in ambienti storici, contro le tesi del restauro stilistico.
La cappella si sviluppa in larghezza ed ha una copertura a semibotte. Le pareti e la copertura sono interamente rivestite a tessere di Giallo di Siena. Si apre verso la chiesa con una grande arcata, nella quale s’inserisce una struttura di marmo, informata alle antiche iconostasi. Vi è un architrave retto da due pilastri, chiusi in basso da due balaustre. Le balaustre dovevano in origine essere coronate da quattro sculture di Francesco Messina.
Pittura: la pala d’altare, raffigurante la Pietà, è eseguita ad olio su tavola da Augusto Colombo, nel 1951.
Il tema della Pietà è reinterpretato in aspetti odierni.

TERZA CAMPATA: cappella di San Giuseppe.
Architettura: l’attuale configurazione della cappella di San Giuseppe, d’identico impianto rispetto a quella di San Francesco, è frutto dei restauri ottocenteschi. Precedentemente, doveva avere un’architettura analoga, ma più semplice. Benché non siano coeve, oggi le due cappelle si aprono sull’asse trasversale del tiburio, con esatta rispondenza di forme e proporzioni. Unica differenza, è la policromia del marmoreo.
Pittura: la pala d’altare raffigurante san Giuseppe è ancora di Ludovico Pogliaghi, che la dipinse ad olio su tela nel 1917. La pala sostituisce quella precedente del Caironi, danneggiata da un incendio.
Pogliaghi, allievo del Bertini, era scultore e pittore; è sua la porta bronzea centrale del Duomo di Milano. Per San Babila progettò gli arredi liturgici e dipinse la pala di San Giuseppe, dove si evidenzia la sua sensibilità plastica. Il santo è raffigurato all’interno di una finta nicchia rinascimentale, e nell’effetto illusionistico è superato il purismo bertiniano.
Nelle due absidi vi sono sei dipinti di Giuseppe Mentessi, autore della teoria dei santi di medesimo impianto pittorico, situati nelle absidi della cappella di San Francesco. Anche in questo caso, sono disposti a gruppi di tre, rispettivamente alla destra e alla sinistra della pala d’altare. Alla destra di san Giuseppe, e in ordine di prossimità, sono raffigurati i santi Teresa, Elisabetta e Gioacchino. Alla sinistra, i santi Giuseppe, Zaccaria, Anna.


CAPITELLI ROMANICI
I capitelli di San Babila, risalenti all’ultimo quarto dell’XI sec., sono visibili all’interno del perimetro dell’antica chiesa, che oggi corrisponde alla seconda, terza e quarta campata. In quell’epoca, vi era una notevole diversità di tendenza fra le maestranze di scalpellini che operavano in una stessa chiesa. Si possono quindi cogliere sensibili differenze di stile.
Gli “agnelli crucigeri” , sul terzo pilastro a destra, (e su quello corrispondente della parete all’imposta dell’arco), esprimono un genere piatto di decorazione, che testimonia un gusto affine a quello degli avori musulmani, gusto sottilmente inteso dagli scultori romanici.
Il capitello raffigurante “la pantera e il mostro minore” nel secondo pilastro a sinistra, e quello raffigurante i “grifi che si abbeverano” sul terzo pilastro a sinistra (e su quello corrispondente della parete all’imposta dell’arco), testimoniano una plastica del tutto diversa. Vi sono corpi snelli di animali aggettanti sul fondo, dove i paralleli più prossimi sono a Pavia, nelle fasce decoranti la facciata di San Michele, e comunque nella produzione definita “comasca”.
La parte puramente decorativa è probabilmente frutto delle maestranze milanesi: alcuni motivi decorativi sono presenti sia in Sant’Ambrogio, sia in San Babila: il fregio allentato, gli acanti, i fiori a ventaglio; altri sono del tutto nuovi, come certi motivi vegetali e allineati, molto probabilmente desunti da stoffe (a titolo d’esempio, i pilastri alle transenne dell’altare).
La decorazione si diffonde su tutta la superficie del capitello, con la tendenza a sopprimere la differenza tra l’abaco e la campana. La visione frontale diventa quella di un unico piano rettangolare, rastremato verso il basso, dove i decori sono un piatto rilievo sul fondo. Questa soluzione decorativa si adegua al variare delle superfici architettoniche, senza contrapporvi il carattere “individualistico” del capitello. In questo equilibrio tra struttura e decorazione nasce uno dei più puri raggiungimenti del mondo espressivo romanico.