Il
cimitero, la colonna e gli antichi oratori
Nel 1734, quando G. B. Riccardi delineò la sua Iconografia
della Città e Castello di Milano, una precisa e importante
rappresentazione della città, pensò di circondare
la grande planimetria centrale con una serie di vedute che,
insieme al Castello, al Lazzaretto e al Duomo, descrivevano
i maggiori edifici religiosi. Tra questi, sulla destra,
troviamo San Babila con la sua nuova facciata, il tiburio
e il lato verso il Monforte.
Nellillustrazione, davanti e sul fianco della chiesa,
fino a incontrare loratorio di San Romano, si nota
uno slargo di stretta pertinenza, delimitato da pilastrelli.
Tale soluzione, che definiva la superficie di proprietà
della chiesa rispetto allo spazio civile, fu realizzata
dopo il restauro dei primi anni del Seicento in seguito
alle ordinazioni di Federico Borromeo (1615) che richiedevano
specificamente una recinzione della zona mediante columnellis
lapideis per ben precisare larea sacra e i suoi
diritti di immunità.
La colonna di
porta Orientale
Allimbocco del corso di porta Orientale vediamo poi
sorgere la colonna detta appunto di porta Orientale, sormontata
da una scultura leonina che, pur con diversi spostamenti,
ancora oggi rimane lì. La soluzione con il basamento
quadrato e il fusto a bugnato risale al 1626, veggendosi
dianzi, come ricorda il Torre, un piedestallo
massimo di materia cotta, che occupava gran sito, e riusciva
poco grato allo sguardo, eretto nel 1502. Per quanto
riguarda poi il leone, che sta sopra la colonna rivolto
verso la porta Orientale, la strada per Venezia, sono numerose
le leggende che cercano di interpretare tale scelta, ma
nessuna è convalidata da prove.
Non va poi dimenticato che dalla fine del Cinquecento fino
al periodo delle soppressioni giuseppine poco distante da
questa colonna, nel Carrobbio di porta Orientale, ne sorgeva
unaltra, di carattere religioso: una croce stazionale
dedicata a san Mona e benedetta da san Carlo.
Loratorio
di San Romano
Ora, tornando alla veduta del Riccardi, sulla destra vediamo
ben rappresentata la fronte di San Romano, lantica
chiesa di cui si è già parlato a proposito
della dedicazione al Concilium Sanctorum. Per essa il Cattaneo,
basandosi anche sullesame archeologico delle sue fondamenta,
ipotizza una fondazione nel VII o VIII secolo. E comunque
citata nei libri liturgici a partire dal IX secolo. Una
descrizione delledificio, in origine quasi certamente
piccolo e quadrato, ci è data dai già più
volte ricordati Atti della visita di Carlo Borromeo nel
1567 e dalle successive ordinazioni del 1569. Non ne è
detta la forma, ma si può dedurre che fosse quasi
quadrata; il pavimento era di pietra. La cappella maggiore
de recenti fabricata ospitava laltare
maggiore e un quadro con limmagine della Madonna,
che da altre fonti sappiamo essere lAddolorata. Sulla
sinistra, entrando, era collocato il fonte battesimale,
allora ancora assente in San Babila. Necessitava di un intervento
la facciata dove la porta maggiore non era posta al centro.
Si decise così il suo spostamento sullasse
e insieme di affiancarle sui lati, simmetriche, due finestre
chiuse da inferriate, tamponando invece unapertura
esistente, bassa e poco distante da terra. Da questi dati
possiamo facilmente desumere che da allora si cominciò
a porre attenzione per il vecchio edificio al fine di ampliano
e armonizzarlo con le nuove regole. Nel 1592 viene donata
la casa retrostante la parte absidale in modo da poterla
allungare e dotare di un campanile, ma soltanto nel 1630
Giuseppe Barca, ingegnere e matematico milanese, nipote
del più famoso Pietro Antonio, poté iniziare
il suo rifacimento secondo il nuovo linguaggio del classicismo
barocco milanese. La pianta a croce latina, con una sola
navata, era coperta da una vaga volta, come
dice il Torre. Il campanile, quadrato, era adiacente al
lato sinistro del transetto e la sagrestia al destro. Della
nuova fronte ci rimane un disegno ritrovato e pubblicato
dal Cattaneo dove si vede la scansione dellordine
inferiore, corinzio, completato in ogni sua parte
e con un grande portale al centro. Nella fascia superiore
mancano invece i capitelli e la grande finestra centrale
tanto che le travi del tetto sono in vista. Nel 1683 i lavori
non sono ancora completati e non lo saranno nemmeno nel
Settecento quando fu raffigurata nelle diverse incisioni.
Nellinterno, un secolo dopo la prima sistemazione,
nel 1731, fu rifatto laltare maggiore con marmi policromi
e ancora, quando nel 1808 loratorio fu soppresso,
limmagine della Madonna addolorata che ladornava
venne trasportata nella vicina San Babila. Lì, nel
lato sinistro, fu costruita una cappella per ospitare il
vecchio altare di marino con il quadro, che rimase per la
devozione dei fedeli fino ai bombardamenti dellagosto
1943. Intanto la chiesa di San Romano passò al Demanio,
diventando in un primo tempo magazzino e studio del pittore
Acquisti; nel 1810 venne venduta e in seguito demolita in
gran parte per trasformare la costruzione in un palazzo
ancora esistente, seppur rimaneggiato.
Anche M. A. Dal Re, il celebre incisore
che tra il 1743 e il 1750 illustrò la Milano del
suo tempo con ben 88 vedute, in una di queste raffigura
San Babila, ma, diversamente dal Riccardi, ce ne descrive
il lato sinistro con il cimitero e il vicino oratorio di
Santa Marta.
Il cimitero
Nel 1567 San Babila aveva due cimiteri: uno, aperto, davanti
alla facciata e sul lato destro, nello spazio che sarà
poi sistemato da Federico Borromeo, un altro a latere
manu sinistra ecclesiae, chiuso da una recinzione,
ma così mal tenuto che nel 1615 si chiederà
che il suo terreno sia reso piano e che si vi tolgano piante
e fiori.
Quindi nel 1719 il muro che lo delimitava venne rifatto
per iniziativa degli scolari di Santa Marta, creando nella
parte centrale una cappella dei morti con funzione
di ossario e insieme di devozione per i defunti. Come si
vede nellincisione del Dal Re, era risolta architettonicamente
a mo di edicola, sormontata da una statua che dalla
falce che si intravede sembrerebbe essere quella della morte;
sotto, una grata cui si accedeva salendo alcuni gradini
permetteva di guardare allinterno della cappella dove
certamente si trovavano elementi legati al tema della morte.
Daltronde questo tipo architettonico nel primo Settecento
ebbe numerosi esempi nella diocesi di Milano.
Nelle due ali di muro che la collegavano sulla destra a
San Babila, sulla sinistra a Santa Marta si aprivano le
due porticine di accesso al cimitero.
Loratorio
di Santa Marta
Nel 1344 il sacerdote Zonfredo da Castano lascia nel suo
testamento disposizioni e denari perché venga eretta
una cappella per i morti, che sia insieme ossario, nellarea
cimiteriale che affiancava il lato sinistro di San Babila
fin dalla sua origine, se non da tempi ancora più
remoti, forse dalla fondazione di San Romano o dallepoca
pagana.
Venne allora dedicata a San Biagio, mentre nel 1466 è
ricordata come cappella dei Santi Bernardo e Biagio. Allinizio
del Cinquecento diventa sede della confraternita di Santa
Marta, ma la sua denominazione è sempre Sanctorum
Blasii et Bernardi de Ossis. Cambia però presto,
prendendo quello della Scuola che lamministra per
cui nella visita pastorale del 1567 è già
detta di Santa Marta, mentre la dedicazione è ai
tre santi.
Direttamente affacciato al corso di porta Orientale, loratorio
ha un portale centrale dingresso allaula; questa
non è grande ed è coperta da un soffitto ligneo.
Il Torre un secolo dopo la dirà di antica Architettura,
consistendo la sua modernità nel Frontispizio, e
nella Porta con Fregi, e Cornici.
L altare maggiore, ricco e decorato con unancona
elegantissimam et inauratam, al tempo della
visita è posto nella cappella maggiore, chiusa da
inferriate. Nel lato destro della chiesa si aprono due porte:
una verso il già ricordato cimitero, unaltra
per accedere ai locali di riunione dei confratelli.
Un oratorio per le loro preghiere si sviluppa nel piano
superiore, estendendosi per tutto lo spazio della chiesa
sottostante, per cui il motivo delle
doppie finestre nella facciata non ha qui soltanto funzione
decorativa, ma serve per lilluminazione della grande
aula.
Gli Atti della visita dellarcivescovo Visconti nel
1683 confermano questa disposizione. Vi apprendiamo inoltre
che anche la cappella maggiore ha due finestre chiuse da
inferriate; quella di destra si apre sul cimitero; laltra
affaccia su una casa di proprietà della congregazione
data in affitto. Si conferma che laula è rettangolare;
le sue pareti sono intonacate e ornate con pitture. La copertura
piana è decorata e il pavimento è di laterizio.
Nel 1721 i confratelli di Santa Marta decidono un nuovo
intervento di ammodernamento. Nella facciata, come ricorda
il Latuada, si fa soltanto qualche abbellimento,
ma è nellaula che si lavora per svecchiarla
e decorarla con quattordici quadri fatti da vari moderni
Pittori per illustrare la vita e le opere di santa
Marta, visto che il dipinto sullaltare rappresenta
ancora, secondo la prima dedicazione, il martirio di san
Biagio.
Alla fine del secolo, nel periodo napoleonico, anche la
congregazione di Santa Marta è soppressa (18 agosto
1797) e il piccolo oratorio barocco viene rapidamente demolito
per lasciare spazio alle case neoclassiche che si costruivano
allora sul corso di porta Orientale.
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