Il complesso
monumentale di San Babila, che ora comprende la chiesa con
le sue opere parrocchiali, era una volta più articolato
e vedeva accanto alla basilica da una parte, affacciante sul
corso di porta Orientale, lattuale corso Venezia, la
cappella di Santa Marta, con un vasto spazio cimiteriale,
dallaltra, verso il Monforte, la chiesa di San Romano.
Questultima, demolita da più di un secolo, ha
lasciato aperta tra gli studiosi una discussione, ancora oggi
non completamente risolta, circa una prima dedicazione, sua
o di San Babila, al Concilium Sanctorum, dato fondamentale
per definire lorigine della nostra chiesa.
A sintesi di tutte le ipotesi sviluppate dal XVI secolo in
poi - dal Castiglioni (1555) al Giulini (1760), al Savio (1913)
-, il Cattaneo, che studiò con attenta precisione tutte
le fonti documentali, propende decisamente per una coincidenza
della chiesa chiamata Concilium Sanctorum con San Romano,
vicina, ma completamente separata da San Babila. Ad alimentare
ancora qualche dubbio resta però il fatto che nel codice
più antico di Beroldo, quello chiamato Beroldo vecchio,
un calendario della Chiesa milanese redatto attorno al 1140,
noi troviamo che la festività omnium Sanctorum
a Milano viene celebrata in San Babila. Inoltre, alla fine
del secolo successivo, il Liber Notitiae Sanctorum Mediolani
di Goffredo da Bussero, che conferma la presenza in San Babila
di un altare dedicato a tutti i santi, parla di una celebrazione
di san Babila ad ecclesiam concilia sanctorum aput portam
orientem.
Non potendo dunque definire con certezza lipotesi della
duplice dedicazione, vediamo almeno con precisione, basandoci
sulle fonti storiche, le origini e la data di fondazione della
basilica di San Babila per guardare poi alle chiese vicine.
Le
origini
Secondo unantica tradizione, le guide di Milano amavano
identificare i luoghi in cui sorsero le più importanti
chiese della città con gli spazi di precedenti templi
pagani. Così, anche nel caso di San Babila, per primo
il Morigi nel suo Santuario della città e diocesi
di Milano (1603), a proposito della chiesa, afferma: la
qual sino avanti che Christo venesse al mondo era il tempio
del Sole. Lo seguì il Villa, canonico della
basilica e studioso di storia milanese, che nel 1627 ripropose
tale fantasiosa ipotesi, basandosi sulla vicinanza della
chiesa alla porta Orientale dove, a suo dire, gli
antichi Romani ci avevano collocato la statua del Sole.
Riprendono la notizia le maggiori guide seicentesche, dal
Gualdo Priorato (1666) al Torre (1674). e nel Settecento
il Latuada. Tale affermazione si ritrova perfino negli Atti
della visita pastorale fatta dallarcivescovo Federico
Visconti alla basilica nel febbraio del 1683 dove si ricorda
che fu edificata super ruinis Templi Soli planetarum
Principi dicati e che addirittura fu lapostolo
Barnaba a consacrarla a Dio anno 46 circiter
e a celebrarvi la prima messa, accettando così anche
laltra leggenda, di origine ancor più antica,
che riferisce di una venuta a Milano di san Bamaba per portarvi
la fede cristiana. Nel testo si parla inoltre di una porta
della città quae tunc erat proxima dicto Templo,
notizia questa fondata, benché da riferire a unepoca
più tarda, se è vero che lampliamento
della cinta muraria romana dovuta allimperatore Massimiano
(285-305) inglobò gli spazi tra via Montenapoleone
e via Durini per ricollegarsi poi allantico tracciato
in via Larga. Di conseguenza è molto probabile la
presenza nei pressi di San Babila di una porta urbana, come
conferma anche il Calderini, che però non può
portare a sostegno della sua tesi alcun ritrovamento specifico.
Comunque fu la posizione verso oriente di questa porta a
far nascere in tempi molto più recenti la fantasiosa
ipotesi della presenza di un tempio dedicato al Sole, cui
si sarebbe in seguito sovrapposta la chiesa, visto che,
come afferma sempre il Calderini, grande studioso della
Milano romana, anche nel periodo paleocristiano nessuna
delle basiliche cristiane, poste alla periferia cittadina,
è nata, per quanto sappiamo finora, dalla trasformazione
di un edificio pagano. I reperti di età romana
nellarea si limitano infatti a tre tombe, rinvenute
nel 1593, e ad alcune lapidi e pozzi provenienti dagli scavi
eseguiti nel nostro secolo.
Scartata quindi lipotesi di una
fondazione su resti pagani, è da escludere anche
quella di una sua origine nei primi secoli del Cristianesimo
per lassoluta mancanza di indizi concreti. Anche il
Cesa Bianchi, in occasione del rifacimento tardo ottocentesco,
oltre a rimettere in luce le murature romaniche, cercò
prove della sua antichità, ma, come ricorda egli
stesso al Boito, per quante indagini abbia fatte non
ho trovato nessuna traccia.
Ne è ulteriore conferma il documento visconteo del
20 novembre 1387 nel quale i parrocchiani di San Babila
chiedono che per il 24 gennaio di ogni anno si fissi la
celebrazione di quel santo. Nella risposta di accettazione
dellUfficio di Provvisione si ha unimportante
testimonianza, seppur tarda, circa la chiesa di San Babila
e il vicino San Romano che è detto Parochia
prima, et antiquior dictae Urbis, dedicata anche al
Concilium Sanctorum. Nonostante ciò, si concede che
il 24 gennaio diventi giorno festum e celebrandum
di san Babila per la parrocchia e per lintera città.
Dobbiamo così giungere alla fine dellXI secolo
per avere le prime notizie della chiesa. Difatti, a differenza
di San Romano, non è citata nellelenco delle
chiese visitate nelle Litanie Triduane compreso nellEvangeliario
di Busto (850-875) e nemmeno in un elenco di poco posteriore
conservato in un Evangeliario della Biblioteca Ambrosiana.
La testimonianza più antica della chiesa intitolata
a san Babila si trova nella Historia Mediolanensis di Landolfo
Iuniore (1140 c.) dove, riferendosi a un moto popolare del
1096, si cita clericus iste Nazarius, in ingenio acutissimus
et Muricola cognominatus che accorse ad ecclesiam
sancti Babile santique Romani, que antiquitus dicitur Concilia
Sanctorum. Leggendo questo passo non si può
certo condividere la certezza del Cattaneo, che pure si
può dire il massimo studioso di questo monumento,
a proposito della doppia denominazione delle due chiese.
Nazario, insediatosi lì, novum habitaculum
hedificavit, frase che, sempre il Cattaneo, con un
interpretazione forse un po forzata, intende come
affermazione della nuova fondazione.
Tra i documenti conosciuti è invece una pergamena
del 1099 la prima a nominare la chiesa di San Babila; in
essa Berengario, figlio di Ambrogio, lascia alcuni beni
alla chiesa. In cambio, dei sacerdoti dovranno andare in
processione da ecclesia sanctae mariae quae dicitur
jemalis usque ad sanctum babillium cum canticis in annuale
meo pro mercede et remedio animae meae.
Per un caso singolare gli altri documenti di quegli anni
con richiami espliciti a San Babila si riferiscono proprio
a quel Nazario Muricola menzionato da Landolfo. Tra questi
è importante il suo testamento, steso nel 1148, nel
quale egli lascia i suoi beni in manus et potestate
presbiterorum istarum ecclesiarum sanctorum romani et babille,
la chiesa che egli fondò o rifondò e che comunque
fu edificata alla fine dellXI secolo.
La fabbrica
medioevale
Questa data di costruzione è sostenuta anche dagli
storici dellarchitettura che esaminarono approfonditamente
ledificio, giungendo quindi per altra via ad attribuirla
alla stessa epoca.
La chiesa eretta in quegli anni era formata da un particolare
organismo, non consueto per il gusto romanico milanese.
Il suo sviluppo iconografico consisteva infatti in una zona
presbiterale absidata, seguita dallaula a tre navate
e scandita in tre campate rettangolari. In alzato la campata
intermedia era conclusa da un tiburio ottagonale, mentre
le altre due erano coperte da volte a botte, contraffortate
allesterno con elementi perpendicolari per il contenimento
delle spinte. In tal modo la zona dei fedeli diveniva un
organismo a simmetria centrale, allungato soltanto dallo
stretto rettangolo del presbiterio triabsidato.
Completamente costruita in mattoni, era risolta con il linguaggio
formale del romanico lombardo; allinterno i pilastri
di pietra portavano le volte a crociera delle navate laterali,
ma sembrano preparati per unanaloga soluzione centrale;
allesterno i contrafforti, le arcatelle a galleria
e gli archetti ciechi formavano la cornice dellabside
mediana, alta come la navata maggiore. Gli archetti ciechi
correvano poi a concludere in alto la nave centrale e il
tiburio, dove su ogni lato si aprivano anche leggere finestre
a trifora.
Se il Rivoira, per considerazioni stilistiche e per lesame
delle strutture, pensò di determinarne letà
entro il primo decennio dellXI secolo, la datazione
proposta dallAnnoni, che studiò profondamente
ledificio negli anni Cinquanta, confrontandolo con
altre fabbriche coeve di area milanese, conferma lultimo
decennio dellXI secolo quale momento di costruzione
dellintero complesso. Ma il paragone da lui proposto
tra questa chiesa e la basilica di S. Ambrogio, di
dieci anni prima allincirca, è terribilmente
sconcertante per latrascuratezza nella composizione
delle murature, dovuta forse alla fretta, o alla scarsezza
dei mezzi, più che allimperizia, vista la sapiente
soluzione del tiburio ottagonale. A conferma di questo dato
vanno ricordate le affermazioni del canonico G.B. Villa,
che vide la fabbrica anche alla fine del Cinquecento, prima
del rifacimento del Trezzi. A proposito della chiesa, nel
1627, scrive infatti che ella è edificata tutta
di rottame, cioè di pezzi di mattoni rotti, dove
si vede, che non hanno que vecchi sparagnato a calcina,
e fattura, e vi si veggono etiandio molti pezzi di lastre
con iscrittioni mortorie Romanesche et altre che sono intiere
.. .e ve nerano ancora molto più, ma furono
levate in occasione della refabbricatione del choro e daltro
e poi per negligenza non rimesse e sono poi andate disperse.
Anche nella realizzazione dei pilastri si usò materiale
di spoglio, recuperato alla meglio, come è emerso
qualche decennio fa nel restauro del terzo pilastro, che
si mostrò concavo allinterno e riempito con
mattoni, rivelando così lutilizzo del fondo
di una tomba con funzione strutturale.
Oggi non rimane quasi nulla delledificio romanico
originale a testimoniare quella fase di costruzione; ci
resta però come supporto iconografico un disegno
steso da un viaggiatore olandese nella seconda metà
del Cinquecento. Vi è rappresentata una veduta prospettica
del lato verso il Monforte con le cappelle, aggiunte in
seguito alla prima costruzione, e la parte absidale. Non
si vede la facciata, ma è ben rappresentato il campanile
che si appoggiava al suo lato destro, anchesso decorato
ai diversi piani con arcatelle cieche e finestrelle di gusto
romanico. Dagli Atti della prima visita di Carlo Borromeo
alla chiesa nel 1567, precedente quindi alla risistemazione,
sappiamo inoltre che la facciata aveva un solo portale dingresso,
davanti al quale si trovava un cimitero con diversi avelli
di pietra -prout antiquitus uti solebant, dicono
gli Atti-. Un altra zona cimiteriale si trovava sul
lato sinistro della chiesa, recintata ed estesa fino al
vicino oratorio di Santa Marta, sorto proprio per la devozione
ai defunti.
Ledificio
nel XVI secolo
Negli anni subito dopo la sua fondazione la chiesa assunse
sempre più importanza, soprattutto dopo la demolizione
delle mura di Massimiano da parte di Federico Barbarossa,
che mise a ferro e fuoco la città nel 1162. Venne
allora eretta la nuova cinta muraria, più esterna,
che inglobò buona parte delle zone dove la città
si stava espandendo. Così anche San Babila divenne
intra moenia e ampliò la sua area parrocchiale. Se
nel 1344 le fu affiancato il già ricordato oratorio
cimiteriale di San Biagio, che poi diverrà di Santa
Marta, il 24 dicembre 1387, come si è già
detto, a conferma del suo importante ruolo nella Chiesa
milanese, venne fissato per il 24 gennaio di ogni anno il
giorno celebrativo di san Babila e si decise che quella
data fosse di festa per lintera città. Sempre
dagli Atti della visita pastorale del 1567 possiamo avere
altre notizie sulla chiesa e sulle modificazioni che si
erano stratificate nei secoli. Vi mancava il battistero,
che era ancora in San Romano, mentre sul lato sinistro della
cappella maggiore cera la sagrestia, costruita alla
fine del XIV secolo a spese di Marco Carelli, grande benefattore
del Duomo, cui si accedeva dall absidiola sinistra.
A sua volta questa era collegata alla casa dei sacerdoti
e, attraverso un portale di pietra, a un locale della confraternita
di Santa Marta. Oltre al già ricordato campanile
sulla facciata, che aveva tre campane, nel tempo si era
aggiunto aliud parvum campanile de super capellam
maiorem con una sola campana. Il pavimento era di
pietra. In aggiunta allaltare maggiore, posto al centro
dellabside, sulla cui parete era appesa unancona
pulcherrima, gli altari in quegli anni erano
sette. Due erano racchiusi nelle absidiole laterali: quello
di San Giulio, disadorno, nella sinistra e quello di San
Nicola e della Madonna nella destra; questultimo,
consacrato intorno alla metà del XIV secolo, dal
1457 era sede della Scuola di Santa Maria delle Grazie.
Percorrendo i due lati dellaula, nella navata laterale
sinistra cerano tre altari, direttamente appoggiati
al muro. In fundo ecclesiae costructum si trovava
laltare di San Lucio, dove si sarebbe dovuto collocare
il nuovo battistero; poi un altro altare disadorno, del
quale non è data la dedicazione, sistemato sotto
lorgano che a sua volta poggiava su due colonne. Tra
questo e laltare successivo, dedicato a san Girolamo,
anchesso male onrnatum, si apriva una
porticina che collegava al cimitero.
Nel lato destro, sub prima fornice dopo il campanile
appoggiato alla fronte, si apriva la cappella con laltare
del Corpus Domini, patrocinato dalla confraternita del SS.
Sacramento, eretta intorno al 1520, venne indicata nel secolo
scorso come opera del Bramantino o di Cristoforo Solari.
Aveva le pareti pulcherrime pictae, i cancelli
di ferro sul davanti e ben quindici finestre tonde vetrate
per la sua illuminazione: una per ogni parete della cappella,
di pianta quadrata, e tre per ogni lato del tiburio soprastante.
Una bellissima pala dalla ricca cornice dorata, attribuita
in uno scritto di fine Cinquecento a Giovanni Crespi, era
posta sopra la mensa. Proseguendo lungo la navatella destra,
si incontrava quoddam altariolum ligneum cum quadam
imagine, un piccolo altare secondario che le ordinazioni
del visitatore propongono di spostare vicino alla pila dellacqua
santa allingresso. Subito dopo, forse in corrispondenza
di quella sullaltro lato, si apriva la porta laterale
verso corso Monforte, una delle poche cose rimasteci di
questa sistemazione, dopo di che ci si ritrovava davanti
allabside destra.
Da questa descrizione, precisa e attenta allattuazione
di tutte le norme della nuova liturgia controriformata,
non emerge quella situazione di degrado delledificio
che invece porterà, venticinque anni più tardi
a studiare una nuova e urgente sistemazione. Nel frattempo,
il 27 giugno 1588, la chiesa, dopo che Hieronima Mazenta
con testamento del 12 dicembre 1587 laveva lasciata
erede universale dei suoi beni, era stata eretta in collegiata
dall arcivescovo Gaspare Visconti.
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